Economia e artigianato

Stamattina mi è capitato di leggere questo bell’articolo su economia e artigianato e non ho potuto fare a meno di condividerlo qui!
Dal sito “LE MAT”, scritto da Matteo Ficara.
Leggete e meditate gente,meditate!
Cari amici lemattiani,
oggi introduciamo un nuovo filone, che ci è stato molto richiesto, ovvero quello “finanziario” che non solo ci accompagnerà sul blog, ma che – al più presto – diverrà anche un percorso completo, alla ricerca della Felicità Finanziaria.
Prima di passare all’Economia, trattando della differenza tra commercio ed artigianato, ci sembra necessario spiegare i “perché” di questa nostra scelta.
Per cui…si comincia!
Ci si potrebbe chiedere: “Ma in un blog che parla di crescita individuale (leggi “spirituale”), che c’azzeccano le finanze?”
C’entrano eccome!
Il maestro spirituale cui siamo maggiormente legati, Gurdjieff, in uno dei libri scritti di suo pugno, dedica un intero capitoletto (lo trovate alla fine del libro “Incontri con Uomini Straordinari”) al tema dell’Economia.
Nel suo complesso pensiero, chiamato seguitamente ed indirettamente (dai suoi discepoli) “Quarta Via”, Gurdjieff insiste sul fatto che la Ricerca della Verità deve essere condotta nella quotidianità.
Se, infatti, la Prima Via era quella “del fachiro”, che cercava nel dolore fisico la destabilizzazione dei blocchi che avrebbe portato alla liberazione delle energie superiori, la Seconda Via – quella “del monaco” – utilizzava il distaccamento dalle emozioni e la Terza Via (dello yogi) cercava la sublimazione delle energie nel “vuoto” mentale (il Nirvana), allora la “Quarta Via” dice che tutto questo “è bene nelle intenzioni e male nella volontà”, poiché in ogni caso si cerca la pienezza, abbandonando, rinunciando, sacrificando qualcos’altro.
Questo tipo di comportamento ha il sapore della fuga, mentre Gurdjieff punta alla realizzazione dell’Uomo, completo in tutti i suoi aspetti, integro e saldo (quasi “saldato”) al suo mondo, quello del “qui e ora” in cui vive.
E così, per noi, oggi, il denaro – e con esso l’Economia – è una delle “prove di maturazione” dell’Uomo.
In se stesso, difatti, il denaro altro non è che un oggetto, parimenti ad una matita, ad un libro o ad un caffè.
Differente è la questione sul valore che diamo (e che, quindi, ri-conosciamo) al denaro o agli altri oggetti.
Demonizzare o divinizzare il denaro significa ammettere di non averne compreso il senso (quello di oggetto di scambio) e – quindi – di non essere in grado di adoperarlo.
Accade qualcosa di simile anche all’Economia.
Ad oggi possiamo contare migliaia di forme di lavoro, ma se volessimo stringere un po’ la presa, potremmo ridurre il tutto a due categorie:
- il Commercio, che si occupa della distribuzione, della promozione, della diffusione, insomma del servizio;
- l‘Artigianato (comprendente l’artista, ogni singolo manovale ed anche le industrie), che si occupa della creazione, trasformando materia grezza in qualcos’altro.
Nelle opere di Marx (e di altri economisti), troviamo scritto che:
“ciò che aumenta il valore di un oggetto è l’energia impiegata per la sua trasformazione”
Tempo, energia fisica, investimento di capitali per i macchinari, estrazione delle materie prime, trasporto, tutto questo – ed anche di più – incide nell’acquisizione di valore (“plusvalore”, nei termini di Marx) da parte di un oggetto/prodotto.
Se estraggo oro grezzo e metto in atto tutto il necessario per farlo diventare un’anello, avrò impiegato una grande quantità di energia, che mi permette di riconoscere un alto valore nel mio prodotto.
Ma io sono solo un artigiano e vendo i miei prodotti ad un negozio, che si occupa di trovare la clientela (promozione), diffondere il mio prodotto e venderlo.
Se la materia grezza, in principio, mi è costata 1,00 euro, come artigiano posso rivenderla a 30,00 (plusvalore del 3000%).
Come commerciante, invece, non ho trasformazioni da mettere in atto, il mio lavoro è quello di comprare e vendere, non di creare, per cui – in linea teorica – dovrei avere un margine di guadagno inferiore.
Ed invece accade che, a differenza di un artigiano, che crea valore, il commerciante crea la percezione del valore e quindi il prezzo, spesso mantenendo una percentuale di guadagno elevata (altrimenti non si spiegherebbero i SALDI ed i SOTTOCOSTO).
Ma se il commerciante è bravo, sembra, è felice anche l’artigiano, perché gli aumenta il lavoro e può guadagnare di più.
Ed allora nascono le corporazioni, da cui le industrie, che – per abbattere il costo di produzione e rendere il profitto più elevato – ragionano in termini di “efficacia al minuto”, ovvero: quanta produzione netta ho in un minuto (le grandi aziende stanno sui 57/58 secondi).
In sé e per sé, la nascita dell’industria come corporazione, mi sembra un buon uso dell’intelligenza: “l’unione fa la forza” e ci ricorda che siamo fratelli.
Senza saggezza, però, può essere succube di cupidigia e portare allo svilimento ed alla ricerca della “ricchezza per la ricchezza”, del mero denaro, del lusso e dell’agiatezza (spesso anche a scapito del benessere altrui).
E credo che sia per questo motivo che nella nostra società, mi sembra, nascono sempre più attività di tipo commerciale (vedi tutto l’ecommerce), mentre l’artigianato, ad ogni livello, implode.
Difatti il commercio è “la via semplice”, che non richiede sforzi, trasformazioni, lavoro, ma il semplice “compra e rivendi” (sul quale, poi, si basano le Borse di tutta l’Economia mondiale).
Che cosa significa questo?
Le attività artigianali, che producono valore, permettono allo Stato (o agli enti incaricati) di produrre denaro nuovo, necessario a controbilanciare il valore in circolo. Servono, insomma, a “produrre economia” nuova, carica di valore.
Gli altri tipi di attività servono, invece, per “far girare l’Economia”.
Ambedue sono necessari, perché l’uno crea la sostanza, l’altra gli dà vita, ma le due funzioni devono trovare un equilibrio.
I momenti di crisi servono per sottolineare uno squilibrio da riequilibrare.
Sono la Via del Nuovo.
Ad oggi, cari amici lemattiani,
non avendo una laurea in economia (ma in Filosofia), mi sbilancio nel dire quello che sento:
5 anni fa sarebbe stato folle parlare di iPhone,
oggi è realtà.
Il Futuro è fatto di quello che
non esiste ancora.
Ed il bello è che sta a noi
di inventarlo!
E’ arrivato il momento di produrre valore
ed
ognuno di noi E’ il valore da portare nel mondo.
Qualche suggerimento su come fare?
Dai un’occhiata a: Enjobby – fai quel che sei, perché sei quel che fai
Trova tutto ciò che ti rende felice, tutto quello che ti riesce bene, tutto quello che ti dà soddisfazione, che ti fa piacere fare, cheti mette in relazione con gli altri, che ti apre a nuove possibilità e metti tutto insieme in uno shaker.
Agita bene e stupisciti nell’assaporare il lavoro che è in te!
Enjobby è il nostro modo di rispondere alla sfida della crisi con un futuro di guadagno, soddisfazioni e felicità.
Matteo Ficara, LeMat
soluzioni di felicità
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